La peste del 1300

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Karma Negativo
view post Posted on 14/9/2010, 14:49




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Diffusione della peste.



La peste
La più grave epidemia di peste fu quella che scoppiò nel 1348, chiamata "peste nera" perchè si manifestava con la comparsa di grosse macchie nerastre su alcune parti del corpo. Essa fu portata in europa dalle navi mercantili che commerciavano con l'oriente. La diffusione della peste era anche favorita dalle pr4ecarie condizioni ambientali e igienico-sanitarie: la maggior parte della gente viveva in luoghi e abitazioni malsane, non aveva l'abitudine di lavarsi, ignorava le norme più elementari dell'igiene pubblica e personale. Questo genere di comportamento non favoriva soltanto il contagio della pestilenza, ma era all'origine anche di molte altre malattie, tutte legate, direttamente o indirettamente, alla cattiva alimentazione e alle condizioni delle case. Gli uomini del tempo erano impotenti difronte alle malattie, soprattutto perchè gli strumenti della medicina si rivelavano scarsi e inadeguati. I medici del Medioevo avevano modeste conoscenze scientifiche e pochi mezzi a disposizione per curare le numerose malattie del tempo.
Il contagio si diffuse con rapidità e forza mai viste anche se le autorità avevano preso alcuni provvedimenti per arginare il male: ad esempio era stato imposto ai viaggiatori un periodo di isolamento; le porte della città erano state chiuse agli stranieri e anche ai cittadini non era consentito uscire se non in casi assolutamente eccezionali. Erano stati accesi in precedenza grandi fuochi di erbe aromatiche che - secondo le credenze popolari - avrebbero dovuto disinfettare l'aria. Sempre nella speranza di porre fine alla tragedia si organizzavano continuamente solenni processioni religiose, talvolta purtroppo accompagnate da terribili massacri di ebrei: gli ebrei erano infatti allora considerati fra i nemici pericolosi della religione cristiana in quanto "deicidi", e si credeva assurdamente che essi fossero respnsabili della diffusione del contagio. In 3-4 anni morirono in europa quasi 30 milioni di persone, oltre un terzo dell'intera popolazione europea di allora. In Italia l'effetto del crollo demografico fu inferiore alla media europea anche se sempre notevole: nello stesso periodo si passò infatti da circa 11 milioni di abitanti a circa 8 milioni.

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Crollo demografico del 1300



La peste descritta da Boccaccio (Decameron I, introduzione)
Dico adunque che già erano gli anni della fruttifera incarnazione del Figliuolo di Dio al numero pervenuti di milletrecentoquarantotto, quando nella egregia città di Fiorenza, oltre a ogn'altra italica bellissima, pervenne la mortifera pestilenza: la quale, per operazion de' corpi superiori o per le nostre inique opere da giusta ira di Dio a nostra correzione mandata sopra i mortali, alquanti anni davanti nelle parti orientali incominciata, quelle d'inumerabile quantità de' viventi avendo private, senza ristare d'un luogo in uno altro continuandosi, verso l'Occidente miserabilmente s'era ampliata.
E in quella non valendo alcuno senno né umano provedimento, per lo quale fu da molte immondizie purgata la città da oficiali sopra ciò ordinati e vietato l'entrarvi dentro a ciascuno infermo e molti consigli dati a conservazion della sanità, né ancora umili supplicazioni non una volta ma molte e in processioni ordinate, in altre guise a Dio fatte dalle divote persone, quasi nel principio della primavera dell'anno predetto orribilmente cominciò i suoi dolorosi effetti, e in miracolosa maniera, a dimostrare. E non come in Oriente aveva fatto, dove a chiunque usciva il sangue del naso era manifesto segno di inevitabile morte: ma nascevano nel cominciamento d'essa a' maschi e alle femine parimente o nella anguinaia o sotto le ditella certe enfiature, delle quali alcune crescevano come una comunal mela, altre come uno uovo, e alcune più e alcun' altre meno, le quali i volgari nominavan gavoccioli. E dalle due parti del corpo predette infra brieve spazio cominciò il già detto gavocciolo mortifero indifferentemente in ogni parte di quello a nascere e a venire: e da questo appresso s'incominciò la qualità della predetta infermità a permutare in macchie nere o livide, le quali nelle braccia e per le cosce e in ciascuna altra parte del corpo apparivano a molti, a cui grandi e rade e a cui minute e spesse. E come il gavocciolo primieramente era stato e ancora era certissimo indizio di futura morte, così erano queste a ciascuno a cui venieno.
A cura delle quali infermità né consiglio di medico né virtù di medicina alcuna pareva che valesse o facesse profitto: anzi, o che natura del malore nol patisse o che la ignoranza de' medicanti (de' quali, oltre al numero degli scienziati, così di femine come d'uomini senza avere alcuna dottrina di medicina avuta giammai, era il numero divenuto grandissimo) non conoscesse da che si movesse e per consequente debito argomento non vi prendesse, non solamente pochi ne guarivano, anzi quasi tutti infra 'l terzo giorno dalla apparizione de' sopra detti segni, chi più tosto e chi meno e i più senza alcuna febbre o altro accidente, morivano.
E fu questa pestilenza di maggior forza per ciò che essa dagli infermi di quella per lo comunicare insieme s'avventava a' sani, non altramenti che faccia il fuoco alle cose secche o unte quando molto gli sono avvicinate. E più avanti ancora ebbe di male: ché non solamente il parlare e l'usare cogli infermi dava a' sani infermità o cagione di comune morte, ma ancora il toccare i panni o qualunque altra cosa da quegli infermi stata tocca o adoperata pareva seco quella cotale infermità nel toccator transportare.
Maravigliosa cosa è da udire quello che io debbo dire: il che, se dagli occhi di molti e da' miei non fosse stato veduto, appena che io ardissi di crederlo, non che di scriverlo, quantunque da fededegna udito l'avessi. Dico che di tanta efficacia fu la qualità della pestilenzia narrata nello appiccarsi da uno a altro, che non solamente l'uomo all'uomo, ma questo, che è molto più, assai volte visibilmente fece, cioè che la cosa dell'uomo infermo stato, o morto di tale infermità, tocca da un altro animale fuori della spezie dell'uomo, non solamente della infermità il contaminasse ma quello infra brevissimo spazio uccidesse. Di che gli occhi miei, sì come poco davanti è detto, presero tra l'altre volte un dì così fatta esperienza: che, essendo gli stracci d'un povero uomo da tale infermità morto gittati nella via publica e avvenendosi a essi due porci, e quegli secondo il lor costume prima molto col grifo e poi co' denti presigli e scossiglisi alle guance, in piccola ora appresso, dopo alcuno avvolgimento, come se veleno avesser preso, amenduni sopra li mal tirati stracci morti caddero in terra.
Dalle quali cose e da assai altre a queste simiglianti o maggiori nacquero diverse paure e immaginazioni in quegli che rimanevano vivi, e tutti quasi a un fine tiravano assai crudele era di schifare e di fuggire gl'infermi e le lor cose; e così faccendo, si credeva ciascuno medesimo salute acquistare.
E erano alcuni, li quali avvisavano che il viver moderatamente e il guardarsi da ogni superfluità avesse molto a così fatto accidente resistere; e fatta brigata, da ogni altro separati viveano, e in quelle case ricogliendosi e racchiudendosi, dove niuno infermo fosse e da viver meglio, dilicatissimi cibi e ottimi vini temperatissimamente usando e ogni lussuria fuggendo, senza lasciarsi parlare a alcuno o volere di fuori di morte o d'infermi alcuna novella sentire, con suoni e con quegli piaceri che aver poteano si dimovano. Altri, in contraria oppinion tratti, affermavano il bere assai e il godere e l'andar cantando attorno e sollazzando e il sodisfare d'ogni cosa all'appetito che si potesse e di ciò che avveniva ridersi e beffarsi esser medicina certissima a tanto male; e così come il dicevano mettevano in opera a lor potere, il giorno e la notte ora a quella taverna ora a quella altra andando, bevendo senza modo e senza misura, e molto più ciò per l'altrui case faccendo, solamente che cose vi sentissero che lor venissero a grado o in piacere E ciò potevan far di leggiere, per ciò che ciascun, quasi non più viver dovesse, aveva, sì come sé , le sue cose messe in abbandono; di che le più delle case erano divenute comuni, e così l'usava lo straniere, pure che ad esse s'avvenisse, come l'avrebbe il proprio signore usate; e con tutto questo proponimento bestiale sempre gl'infermi fuggivano a lor potere.
E in tanta afflizione e miseria della nostra città era la reverenda autorità delle leggi, così divine come umane, quasi caduta e dissoluta tutta per li ministri e esecutori di quelle, li quali, sì come gli altri uomini, erano tutti o morti o infermi o sì di famigli rimasi stremi, che uficio alcuno non potean fare; per la qual cosa era a ciascun licito quanto a grado gli era d'adoperare. Molti altri servavano, tra questi due di sopra detti, una mezzana via, non strignendosi nelle vivande quanto i primi né nel bere e nell'altre dissoluzioni allargandosi quanto i secondi, ma a sofficienza secondo gli appetiti le cose usavano e senza rinchiudersi andavano a torno, portando nelle mani chi fiori, chi erbe odorifere e chi diverse maniere di spezierie, quelle al naso ponendosi spesso, estimando essere ottima cosa il cerebro con cotali odori confortare, con ciò fosse cosa che l'aere tutto paresse dal puzzo de' morti corpi e delle infermità e delle medicine compreso e puzzolente.
Alcuni erano di più crudel sentimento, come che per avventura più fosse sicuro, dicendo niuna altra medicina essere contro alle pestilenze migliore né così buona come il fuggir loro davanti; e da questo argomento mossi, non curando d'alcuna cosa se non di sé , assai e uomini e donne abbandonarono la propia città, le propie case, i lor luoghi e i lor parenti e le lor cose, e cercarono l'altrui o almeno il lor contado, quasi l'ira di Dio a punire le iniquità degli uomini con quella pestilenza non dove fossero procedesse, ma solamente a coloro opprimere li quali dentro alle mura della lor città si trovassero, commossa intendesse; o quasi avvisando niuna persona in quella dover rimanere e la sua ultima ora esser venuta.
E come che questi così variamente oppinanti non morissero tutti, non per ciò tutti campavano: anzi, infermandone di ciascuna molti e in ogni luogo, avendo essi stessi, quando sani erano, essemplo dato a coloro che sani rimanevano, quasi abbandonati per tutto languieno. E lasciamo stare che l'uno cittadino l'altro schifasse e quasi niuno vicino avesse dell'altro cura e i parenti insieme rade volte o non mai si visitassero e di lontano: era con sì fatto spavento questa tribulazione entrata né petti degli uomini e delle donne, che l'un fratello l'altro abbandonava e il zio il nipote e la sorella il fratello e spesse volte la donna il suo marito; e (che maggior cosa è e quasi non credibile), li padri e le madri i figliuoli, quasi loro non fossero, di visitare e di servire schifavano.
Per la qual cosa a coloro, de' quali era la moltitudine inestimabile, e maschi e femine, che infermavano, niuno altro sussidio rimase che o la carità degli amici (e di questi fur pochi) o l'avarizia de' serventi, li quali da grossi salari e sconvenevoli tratti servieno, quantunque per tutto ciò molti non fossero divenuti: e quelli cotanti erano uomini o femine di grosso ingegno, e i più di tali servigi non usati, li qual niuna altra cosa servieno che di porgere alcune cose dagl'infermi addomandate o di riguardare quando morieno; e, servendo in tal servigio, sé molte volte col guadagno perdeano.
E da questo essere abbandonati gli infermi da' vicini, da' parenti e dagli amici e avere scarsità di serventi, discorse uno uso quasi davanti mai non udito: che niuna, quantunque leggiadra o bella o gentil donna fosse, infermando, non curava d'avere a' suoi servigi uomo, egli si fosse o giovane o altro, e a lui senza alcuna vergogna ogni parte del corpo aprire non altrimenti che a una femina avrebbe fatto, solo che la necessità della sua infermità il richiedesse; il che, in quelle che ne guerirono, fu forse di minore onestà, nel tempo che succedette, cagione. E oltre a questo ne seguio la morte di molti che per avventura, se stati fossero atati , campati sarieno; di che, tra per lo difetto degli opportuni servigi, li quali gl'infermi aver non poteano, e per la forza della pestilenza, era tanta nella città la moltitudine che di dì e di notte morieno, che uno stupore era a udir dire, non che a riguardarlo. Per che, quasi di necessità, cose contrarie a' primi costumi de' cittadini nacquero tra quali rimanean vivi.
Era usanza (sì come ancora oggi veggiamo usare) che le donne parenti e vicine nella casa del morto si ragunavano e quivi con quelle che più gli appartenevano piagnevano; e d'altra parte dinanzi alla casa del morto co' suoi prossimi si ragunavano i suoi vicini e altri cittadini assai, e secondo la qualità del morto vi veniva il chericato; ed egli sopra gli omeri sé suoi pari, con funeral pompa di cera e di canti, alla chiesa da lui prima eletta anzi la morte n'era portato. Le quali cose, poi che a montar cominciò la ferocità della pestilenza tutto o in maggior parte quasi cessarono e altre nuove in lor luogo ne sopravennero. Per ciò che, non solamente senza aver molte donne da torno morivan le genti, ma assai n'erano di quelli che di questa vita senza testimonio trapassavano; e pochissimi erano coloro a' quali i pietosi pianti e l'amare lagrime de' suoi congiunti fossero concedute, anzi in luogo di quelle s'usavano per li più risa e motti e festeggiar compagnevole; la quale usanza le donne, in gran parte proposta la donnesca pietà per la salute di loro, avevano ottimamente appresa. Ed erano radi coloro, i corpi de' quali fosser più che da un diece o dodici de' suoi vicini alla chiesa acompagnati; li quali non gli orrevoli e cari cittadini sopra gli omeri portavano, ma una maniera di beccamorti sopravenuti di minuta gente, che chiamar si facevan becchini, la quale questi servigi prezzolata faceva, sottentravano alla bara; e quella con frettolosi passi, non a quella chiesa che esso aveva anzi la morte disposto ma alla più vicina le più volte il portavano, dietro a quattro o a sei cherici con poco lume e tal fiata senza alcuno; li quali con l'aiuto de' detti becchini, senza faticarsi in troppo lungo uficio o solenne, in qualunque sepoltura disoccupata trovavano più tosto il mettevano.
Della minuta gente, e forse in gran parte della mezzana, era il ragguardamento di molto maggior miseria pieno; per ciò che essi, il più o da speranza o da povertà ritenuti nelle lor case, nelle lor vicinanze standosi, a migliaia per giorno infermavano; e non essendo né serviti né atati d'alcuna cosa, quasi senza alcuna redenzione, tutti morivano. E assai n'erano che nella strada pubblica o di dì o di notte finivano, e molti, ancora che nelle case finissero, prima col puzzo de lor corpi corrotti che altramenti facevano a' vicini sentire sé esser morti; e di questi e degli altri che per tutto morivano, tutto pieno.
Era il più da' vicini una medesima maniera servata, mossi non meno da tema che la corruzione de' morti non gli offendesse, che da carità la quale avessero a' trapassati. Essi, e per sé medesimi e con l'aiuto d'alcuni portatori, quando aver ne potevano, traevano dalle lor case li corpi de' già passati, e quegli davanti alli loro usci ponevano, dove, la mattina spezialmente, n'avrebbe potuti veder senza numero chi fosse attorno andato: e quindi fatte venir bare, (e tali furono, che, per difetto di quelle, sopra alcuna tavole) ne portavano.
Né fu una bara sola quella che due o tre ne portò insiememente, né avvenne pure una volta, ma se ne sarieno assai potute annoverare di quelle che la moglie e 'l marito, di due o tre fratelli, o il padre e il figliuolo, o così fattamente ne contenieno. E infinite volte avvenne che, andando due preti con una croce per alcuno, si misero tre o quatro bare, dà portatori portate, di dietro a quella: e, dove un morto credevano avere i preti a sepellire, n'avevano sei o otto e tal fiata più. Né erano per ciò questi da alcuna lagrima o lume o compagnia onorati; anzi era la cosa pervenuta a tanto, che non altramenti si curava degli uomini che morivano, che ora si curerebbe di capre; per che assai manifestamente apparve che quello che il naturale corso delle cose non avea potuto con piccoli e radi danni a' savi mostrare doversi con pazienza passare, la grandezza de' mali eziandio i semplici far di ciò scorti e non curanti.
Alla gran moltitudine de' corpi mostrata, che a ogni chiesa ogni dì e quasi ogn'ora concorreva portata, non bastando la terra sacra alle sepolture, e massimamente volendo dare a ciascun luogo proprio secondo l'antico costume, si facevano per gli cimiterii delle chiese, poi che ogni parte era piena, fosse grandissime nelle quali a centinaia si mettevano i sopravegnenti: e in quelle stivati, come si mettono le mercatantie nelle navi a suolo a suolo, con poca terra si ricoprieno infino a tanto che la fossa al sommo si pervenia.
E acciò che dietro a ogni particularità le nostre passate miserie per la città avvenute più ricercando non vada, dico che, così inimico tempo correndo per quella, non per ciò meno d' alcuna cosa risparmiò il circustante contado, nel quale, (lasciando star le castella, che erano nella loro piccolezza alla città) per le sparte ville e per li campi i lavoratori miseri e poveri e le loro famiglie, senza alcuna fatica di medico o aiuto di servidore, per le vie e per li loro colti e per le case, di dì e di notte indifferentemente, non come uomini ma quasi come bestie morieno. Per la qual cosa essi, così nelli loro costumi come i cittadini divenuti lascivi, di niuna lor cosa o faccenda curavano; anzi tutti, quasi quel giorno nel quale si vedevano esser venuti la morte aspettassero, non d'aiutare i futuri frutti delle bestie e delle terre e delle loro passate fatiche, ma di consumare quegli che si trovavano presenti si sforzavano con ogni ingegno. Per che adivenne i buoi, gli asini, le pecore, le capre, i porci, i polli e i cani medesimi fedelissimi agli uomini, fuori delle proprie case cacciati, per li campi (dove ancora le biade abbandonate erano, senza essere, non che raccolte ma pur segate) come meglio piaceva loro se n'andavano. E molti, quasi come razionali , poi che pasciuti erano bene il giorno, la notte alle lor case senza alcuno correggimento di pastore si tornavano satolli.
Che più si può dire (lasciando stare il contado e alla città ritornando) se non che tanta e tal fu la crudeltà del cielo, e forse in parte quella degli uomini, che infra 'l marzo e il prossimo luglio vegnente, tra per la forza della pestifera infermità e per l'esser molti infermi mal serviti o abbandonati né lor bisogni per la paura ch'aveono i sani, oltre a centomilia creature umane si crede per certo dentro alle mura della città di Firenze essere stati di vita tolti, che forse, anzi l'accidente mortifero, non si saria estimato tanti avervene dentro avuti? 0 quanti gran palagi, quante belle case, quanti nobili abituri per adietro di famiglie pieni, di signori e di donne, infino al menomo fante rimaser voti! O quante memorabili schiatte, quante ampissime eredità, quante famose ricchezze si videro senza successor debito rimanere! Quanti valorosi uomini, quante belle donne, quanti leggiadri giovani, li quali non che altri, ma Galieno, Ipocrate o Esculapio avrieno giudicati sanissimi, la mattina desinarono co' lor parenti, compagni e amici, che poi la sera vegnente appresso nell'altro mondo cenaron con li lor passati!

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Miniatura del XV secolo.

 
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caenorhabditis elegans
view post Posted on 14/9/2010, 16:25




Veramente dal grafico che hai postato si evince piuttosto che la media dei decessi sia stata superiore in Italia che nel resto d'Europa. O almeno che negli altri paesi citati.

Di recente ho letto un libro di viaggi molto particolare: quello di Ibn Battuta, a volte definito come il Marco Polo arabo, che viaggiò fino alla Cina agli inizi del trecento, per poi scrivere un interessanissimo libro di memorie.

Il suo ritorno coincide con l'arrivo della peste in medio oriente e poi nel resto del mondo mussulmano. Alcune descrizioni sono impressionanti, anche se Battuta non sembra rendersi conto, o non vuol rendere conto ai lettori, di quanto grave fosse la situazione, ma si intuisce perfettamente lo stesso. Attraversa città praticamente abbandonate, o in cui pochi superstiti si guardano attorno allibiti.
Sembra che il mondo islamico sia stato colpito dalla peste in modo forse più grave che l'Europa. Il Cairo, in particolare, da cui sono giunte testimonianze agghiaccianti.
 
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Karma Negativo
view post Posted on 14/9/2010, 16:51




CITAZIONE (caenorhabditis elegans @ 14/9/2010, 17:25)
Veramente dal grafico che hai postato si evince piuttosto che la media dei decessi sia stata superiore in Italia che nel resto d'Europa. O almeno che negli altri paesi citati.

E' vero, ma ho pensato che non fosse un grandissimo problema. Il grafico, stando a quanto scritto su esso, si riferisce a un periodo di tempo più ampio di quello della sola peste.
 
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caenorhabditis elegans
view post Posted on 14/9/2010, 17:21




Ho trovato, curiosando in rete, questa nota che mi ha colpito, proveniente da un cronachista di Ferrara, nel periodo immediatamente precedente l'arrivo della peste ma in cui già si era a conoscenza del contagio in oriente e se ne cercavano origini e giustificazioni:

CITAZIONE
"Tra il Catai e la Persia era comparsa una forte pioggia di fuoco. Come se si trattasse di fiocchi di neve, il fuoco cadeva sulla terra, bruciando montagne, pianure e tutte le restanti regioni, uomini e donne compresi. Poi si formò una enorme colonna di fumo. E chi la guardava moriva a distanza di una mezza giornata. E allo stesso modo morivano quegli uomini e quelle donne che videro qualcuno che era stato testimone oculare di questo avvenimento".

Ora, questa è indiscutibilmente la descrizione di una violentissima eruzione vulcanica, di cui non esiste documentazione storica, o almeno io non ne conosco.
Ma cosa c'entra una eruzione con la peste? Potrebbe aver notevolmente peggiorato le condizioni di vita per moltissime persone, oltre a procurare spostamenti massicci di profughi, favorendo così l'esordio della pandemia.

E' un argomento che mi interessa moltissimo, perché noi siamo figli di quella peste, lo è la nostra cultura, nata da una violenta frattura con tutto ciò che c'era prima.

Per dire, la religione in Europa sembra abbia perso notevolmente la sua presa, a causa della sua incapacità di dare una qualsivoglia risposta alle questioni poste dalla pandemia. La laicità europea parte da lì. Lo stesso non capitò in altri paesi del mondo.
 
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Karma Negativo
view post Posted on 14/9/2010, 17:34




CITAZIONE (caenorhabditis elegans @ 14/9/2010, 18:21)
Per dire, la religione in Europa sembra abbia perso notevolmente la sua presa, a causa della sua incapacità di dare una qualsivoglia risposta alle questioni poste dalla pandemia. La laicità europea parte da lì. Lo stesso non capitò in altri paesi del mondo.

E nacque un grande senso del macabro, la repulsione verso i morti e i malati.
 
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Dottore della Peste
view post Posted on 14/9/2010, 17:38




CITAZIONE (Karma Negativo @ 14/9/2010, 18:34)
CITAZIONE (caenorhabditis elegans @ 14/9/2010, 18:21)
Per dire, la religione in Europa sembra abbia perso notevolmente la sua presa, a causa della sua incapacità di dare una qualsivoglia risposta alle questioni poste dalla pandemia. La laicità europea parte da lì. Lo stesso non capitò in altri paesi del mondo.

E nacque un grande senso del macabro, la repulsione verso i morti e i malati.

Finché non arrivai io a curare tutti.
 
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bradipo1
view post Posted on 4/10/2010, 15:16




Una fondamentale idea nei rapporti tra parassita e parassitato è che per il parassita se il parassitato muore finisce la pacchia e muore pure lui.
L’ideale per ogni parassita è vivere a spese dell’ospite senza ucciderlo, o almeno non in tempi brevi.
È tipico di un parassita “nuovo” di essere rapidamente letale.
Un parassita può essere “nuovo” perché abitualmente infetta specie animali differenti o perché colpisce una popolazione per la prima volta.
La peste è causata da un batterio la Yersinia pestis, (http://it.wikipedia.org/wiki/Yersinia_pestis ) e vive nei boschi e foreste infettando mammiferi e uccelli.
Per contagiare nuovi individui usa un vettore, un insetto, in particolare per la peste nera si suppone si stata importante la Xenopsylla cheopis, una pulce del topo: il batterio crescendo nell’esofago della pulce la fa quasi morire di fame e quindi la pulce morde, e infetta, tutto ciò che può.
Ma ogni pulce viaggia con il proprio ospite preferito, in questo caso il ratto nero (http://it.wikipedia.org/wiki/Rattus_rattus ).
Per seguire il percorso della pesta nera dobbiamo quindi seguire il ratto nero.
Il ratto nero ha imparato a viaggiare con le navi dalla zone del centro dell’Asia da dove origina, la parte delle terre emerse mondo più lontana dal mare.
Perché il ratto ha iniziato a viaggiare? Una catastrofe?

Da notare che l’attuale vincitore per la stessa nicchia ecologica, il ratto grigio non è parassitato dalla
Xenopsylla cheopis
 
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caenorhabditis elegans
view post Posted on 4/10/2010, 16:58




Che i parassiti siano destinati a diventare progressivamente sempre meno virulenti non è una regola generale. Sfortunatamente a volte succede l’opposto. Secondo Douglas E. Gill, dell’università del Maryland, spesso la maggiore virulenza indica una maggiore capacità riproduttiva dell’organismo parassita. In questo caso, tra due parassiti analogi, vincerebbe quello più virulento, che finirebbe per soppiantare l’altro.
Naturalmente, alla lunga, un parassita eccessivamente virulento finisce per portare la specie ospite all’estinzione, o ad una tale rarefazione da rendere impossibile il mantenere attiva l’epidemia. In questo caso il parassita finisce per estinguersi, ma l’evoluzione non fa piani a lunga scadenza, per cui questo esito è perfettamente possibile e, talora, si verifica effettivamente.
Inoltre molti agenti infettivi, in particolare i virus, subiscono frequentissime mutazioni. E' tipico il caso dell'influenza: esistono un gran numero di ceppi del virus influenzale, quasi ciclicamente ne compare uno nuovo che presenta una mutazione tale da renderlo molto più virulento degli altri. Spesso si tratta della mutazione di una molecola che permette l'adesione del virus alle cellule, la maggior parte delle varianti influenzali possono attaccare (attaccarsi) solo ad alcuni tipi di cellule, altri, come la letale Spagnola, attaccano molti o tutti i tipi di cellule.

Sostanzialmente, tornando alla peste propriamente detta, l'ipotesi che, mi sembra, sia ritenuta più credibile è che esistano dei serbatoi naturali di questo germe, sia umani che animali. In altre parole in determinate aree sarebbe endemica ma occasionale. Perché la maggior parte della popolazione risulterebbe naturalmente vaccinata.

Probabilmente fu la ripresa dei commerci tra oriente ed occidente, in particolare la riapertura della via della seta, a scatenare la grande pandemia del trecento. La popolazione era progressivamente aumentata fino a raggiungere livelli (quello che fu successivamente chiamato "il mondo pieno") che sarebbero stati recuperati solo molto tempo dopo.
Il sovraffollamento e l'aumentata mobilità potrebbero essere le uniche risposte di cui abbiamo bisogno

Oggi, a pensarci, il mondo è ancora più mobile ed affollato di allora, però.
 
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7 replies since 14/9/2010, 14:49   5948 views
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