| La Battaglia di Farsalo fu combattuta il 9 agosto, 48 a.C. tra gli eserciti di Caio Giulio Cesare e Gneo Pompeo, rappresentanti rispettivamente il partito dei popolari (populares) e quello degli ottimati (optimates). La battaglia combattuta a Farsalo, in Grecia, e vinta da Cesare, fu l'atto conclusivo di quella guerra civile che minò definitivamente la base dell'ordinamento repubblicano di Roma antica. Il 9 agosto i due eserciti furono finalmente di fronte. Quello di Pompeo era forte di circa 50 mila uomini, per lo più veterani, mentre quello di Cesare disponeva di circa 30 mila soldati, tra cui tre legioni veterane della campagna di Gallia, che costituivano il motivo per il quale Pompeo aveva cercato fino all'ultimo di evitare lo scontro in campo aperto con Cesare. Cesare ebbe un altro vantaggio, che si rivelerà decisivo per le sorti della battaglia. Il comandante della cavalleria di Pompeo era infatti Tito Labieno, che aveva combattuto con lui in Gallia prima di passare al nemico. Labieno era abituato ad applicare una tattica che consisteva nell'attaccare sul lato debole dell'avversario, per poi convergere verso il centro contro il grosso dell'esercito nemico. Lo schema tipico delle battaglie consisteva nello schierare gli eserciti con il grosso delle truppe in mezzo e due ali, spesso di cavalleria, che si confrontavano fra loro. Il confronto tra le ali costituiva il cuore della battaglia perché la parte vincente poteva poi aggredire il centro dello schieramento nemico con notevoli possibilità di successo. Cesare quindi staccò dal lato destro sei coorti di soldati, i più esperti, e li posizionò come riserva, rompendo lo schema classico. Separando le coorti dall'ala, oltre ad avere una unità mobile pronta ad accorrere nel momento del bisogno, il generale mostrò contemporaneamente un finto lato debole, prevedendo che la cavalleria pompeiana vi si sarebbe gettata a capofitto. Tutto andò secondo il disegno di Cesare: Pompeo schierò la sua fanteria pesante in formazione allargata per impressionare il nemico, e, non appena iniziò la battaglia, Labieno mosse la sua cavalleria all'attacco del lato destro, mentre Pompeo impegnò al centro il grosso della fanteria di Cesare guidato da Marco Antonio. Quando la cavalleria di Labieno venne a contatto con l'ala destra dell'esercito di Cesare, questi fece muovere la riserva e stringere i cavalieri avversari in una tenaglia: l'unica possibilità di salvezza per Labieno e i suoi fu la ritirata. Sentendosi sicuro sul lato più debole, Marco Antonio fece avanzare all'attacco i propri fanti, mentre il grosso dell'esercito di Pompeo, vedendo sconfitti e in ritirata i cavalieri su cui erano riposte le speranze di vittoria, cedette terreno demoralizzato. Con la ritirata di Labieno e la perdita di due fronti su tre, Pompeo considerò perduta la battaglia e si ritirò insieme a tutto lo stato maggiore. In questo modo salvò la sua vita e quella di tutti i suoi ufficiali (tranne Lucio Domizio Enobarbo), ma perse quella di 15 mila soldati, mentre le perdite di Cesare ammontarono in tutto ad appena duecento uomini.
Purtroppo non ho trovato immagini degli schieramenti...
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