| "E' sotto un'isola al largo della Sierra Leone. Lo dimostrano i cerchi concentrici." Ed è tutto merito di Platone...
oggi forse la vicenda cessa di essere un mito per entrare a pieno diritto nella Storia. L'artefice della svolta è Marcello Cosci, 78 anni, un professore pisano che da trent'anni si occupa di aerofotointerpretazione ed elaborazione computerizzata di immagini satellitari per la ricerca e lo studio di siti archeologici sepolti. E che nel libro " Dai satelliti le prime immagini della mitica Atlantide: ( Felici Editore ) avanza un'ipotesi ben documentata sul possibile ritrovamento del sito su cui si ergeva Atlantide: l'isola di Sherbro al largo della Sierra Leone.
"Come molti conoscevo la storia di Atlantide, ma non mi ero mai appassionato all'argomento fino all'estate del 2004", racconta Cosci. " Proprio tre anni fa, "costretto" per amore dei miei nipoti a passare le vacanze al mare, mi imbattei in un libro sgualcito in vendita su una bancarella: l'edizione economica, dal prezzo irrisorio, di una ricerca condotta da Jim Allen intitolata Atlantide, L'ultima verità. Nelle Ande la soluzione al più grande mistero di tutti i timpi. Quel libro mi appassionò così tanto che, tornato a casa, cominciai ad approfondire le mie ricerche sull'argomento."
Il punto di partenza non poteva essere altro che i Dialoghi di Platone. l'opera in cui, per la prima volta, si cita Atlantide. Una ricerca che si rivela subito molto coplessa. "La difficoltà più grande è stata quella di estrapolare solo i brani in cui si parla del continente scomparso. Nei dialoghi di Timeo e Crizia, infatti, si narra di questo e di molti altri argomenti", dice Cosci, già direttore del Laboratorio di fotointerpretazione archeologica dell'Università di Siena.
Ma i versi di Platone si rivelano una fonte preziosa. A partire dalla leggenda legata alla nascita di Altnatide.
"Poseidone, il dio del mare, dopo aver generato con una donna mortale cinque coppie di gemelli maschi, aveva isolato la collina dove abitava la giovane madre circondandola con due cerchi concentrici di terra e tre di acqua. Un modo per proteggere l'amata, ma anche il cuore dell'Impero, la sede della futura "capitale". Al maggiore dei suoi figli, il primo nato della prima coppia di gemelli il cui nome era Atlante, aveva assegnato il lotto della madre che era il più esteso e il migliore e lo aveva fatto re su tutti. Poi aveva suddiviso tra gli altri figli la parte restante dell'isola.
"Platone, ed è questo forse il punto che ha fuorviato molti degli studiosi, parla sempre genericamente di "isola": come entità geografica, come collina protetta dai cerchi di terra e mare, come Impero. Leggendo più attentamente i Dialoghi, si capisce che Atlantide era ubicata in u lontano punto dell'Oceano Atlantico. Un'isola-Impero dunque, dalla quale i dieci fratelli governavano sulle altre isole dello stesso mare, su parti del continente e sulle colonie fondate in Europa e in Etruria. E che, quindi estendeva il suo confine settentrionale fino alle Colonne d'Ercole, di fronte alla regione oggi chiamata Gadirica."
Per moltissimi tra quanti hanno cercato di individuare Atlantide, una città affascinante sulla quale sono stati scritti 24 mila libri, il sito va individuato nelle profondità marine. Errore, secondo il ricercatore pisano, al quale tre mesi di studio dei Dialoghi hanno dato convinzioni diverse sulla scomparsa della mitica civiltà.
"Platone scrive: "Avvennero terribili terremoti e diluvi... Atlantide scomparve sprofondando nel mare...". Ma più avanti spiega che il cataclisma che l'aveva distrutta cancellando ogni forma di vita aveva emplicemente ricoperto di melma la collina, i cerchi di mare, il canale che collegava la metropoli al mare: "Adesso il passaggio fino al mare aperto è reso impraticabile alla navigazione a causa di una melma insormontabile". Se la mia interpretazione era giusta l'isola doeva essere ancora lì, dove Platone l'aveva indicata ecoli prima."
Pur consapevole delle mille difficoltà a cui stava andando incontro, ma determinato a dimostrare la validità delle sue teorie, il professor Cosci ha adottato un metodo di ricerca ai utilizzato prima dagi studiosi: e moderne e sofisticate tecnologie informatiche.
"Mi sono servito delle immagini satellitari registrate dai sensori satelitari in diverse fasi dell'anno. Le stagioni, il tasso di umidità o semplicemente la presenza di nuvole ( tutt'altro che irrilevanti in un territorio come quello che volevo analizzare dove da aprile a novembre imperversa la stagione delle piogge ) possono influire negativamente sulla rilevazione di manufatti sepolti, ovviamente se e quando ce ne sono. ho passato in rassegna le immagini di tutte le isole dell'Oceano Atlantico, circa un centinaio, distribuite lungo la costa occidentale dell'Africa. E ricordo ancora l'emozione che ho provato quando sono arrivato ad analizzare le immagini dell'isola di Sherbro, al largo della Sierra Leone. Incredulo mi sono alzato dalla scrivania per schiarirmi le idee. Non riuscivo a crederci: era tutto lì, davanti ai miei occhi. Lo spettro dei colori metteva in chiaro risalto le tracce di umidità presenti nel sottosuolo, segno dei cerchi concentrici di terra e di mare che circondavano la collina dove risiedeva la stirpe regale. Atlantide era lì, l'avevo trovata, sepolta da un plurimillenario strato di fango su un'isola dell'Oceano. I resti delle strutture murarie sono chiaramente visibili sulla sacra collina, così come l'ampio canale che la collegava con il mare e il grande impianto portuale."
Adesso non resta da fare che un ultimo passo per consegnare Atllantide alla Storia: gli scavhi archeologici sul posto.
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