Il Crollo della Mene Bicamerale e l'Origine della Coscienza, recensione

« Older   Newer »
  Share  
Karma Negativo
view post Posted on 26/8/2010, 15:52




Autore: Julian Jaynes
Titolo: Il crollo della mente bicamerale e l'origine della coscienza
Anno di pubblicazione: 1976
Copertina:
image



LA COSCIENZA

- COSA E’ / COSA NON E’ LA COSCIENZA?
Definire cosa sia la coscienza è senza dubbio un’ardua impresa. Essa non consiste nel sapere o nel fare, ma nel saper di sapere e nel saper di fare. Quindi la coscienza altro non è che consapevolezza, e noi, parlando della coscienza, da esseri coscienti quali siamo, non possiamo che tralasciare la coscienza e passare direttamente alla coscienza della coscienza, ovvero essere coscienti della coscienza stessa e parlare della coscienza della coscienza tralasciando la coscienza in sé. Dunque conviene analizzare non tanto cosa sia la coscienza ma a cosa essa serva e se sia o meno necessaria. tramite una serie di ipotesi, teorie ed esperimenti si giunge alla scientifica conclusione che la coscienza non ha alcuna parte nell’esercizio di abilità (di cui spesso ostacola l’esecuzione) ; non interviene necessariamente nel parlare, nello scrivere, nell’ascolto o nella lettura; non trascrive l’esperienza, non ha nulla a che fare con l’apprendimento di segnali, di abilità o di soluzioni; non è necessaria per la formulazione di giudizi o di pensieri semplici; non è la sede della ragione (e anzi alcuni fra gli esempi più difficili di ragionamento creativo fanno a meno di essa); non ha una collocazione reale ma solo ubicazioni immaginarie.

- I CARATTERI DELLA COSCIENZA
1) La spazializzazione: ogni cosa nella coscienza ha un proprio spazio, seppur metafisico, che a noi pare molto simile a quello reale. Pensando anche a cose che nel mondo reale non hanno qualità spaziale troveremo che nella coscienza invece l’hanno. Un buon esempio è il tempo: se proviamo a pensare al secolo appena trascorso non possiamo che mettere questo tempo in uno spazio delimitato, magari immaginandoci la successione degli anni ogni uno con un proprio spazio. Ebbene nella realtà gli anni non hanno spazio. Nella coscienza sì. E ciò vale per tutte le altre cose, sia che nella realtà abbiano spazio o meno.
2) La selezione: nella nostra coscienza noi non vediamo mai una cosa nella sua interezza, ma ne vediamo solo una parte, proprio come nel mondo reale non possiamo porre la nostra attenzione contemporaneamente su tutta totalità di un oggetto ma solo su una parte di esso. Se ci venisse chiesto di pensare alla città nella quale viviamo non ci verrà in mente la città nella sua totalità ma solo alcuni caratteri di essa.
3) L’analogo “io”: esso è una copia di noi stessi presente nella nostra coscienza che commette azioni immaginarie che noi non commettiamo realmente ma che viviamo in prima persona. Quando avete cercato di comprendere la spazializzazione non eravate voi a collocare gli anni nello spazio ma il vostro analogo “io”.
4) La metafora “me”: è come l’analogo “io” solo che è vissuto in terza persona. Immaginiamo di percorrere un lungo sentiero: vedremo l’immagine di noi stessi che percorriamo il sentiero, non immedesimandoci totalmente in noi stessi.
5) La narratizzazione: è la capacità di creare storie su noi stessi che abbiano il nostro sè sostitutivo dei due punti precedenti come protagonista e che connettano tutti gli elementi presenti nella nostra coscienza ad altri elementi. Ci permette anche di decidere le nostre azioni future in base agli immaginari esiti di queste immaginarie storie commesse da questo sé immaginario. Rientra nella narratizzazione anche la ricerca delle cause dei nostri comportamenti.
6) La conciliazione: ogni nostra percezione vien fatta rientrare in schemi noti per essere meglio compresa. La conciliazione è un’assimilazione portata a livello cosciente. Essa dunque si accompagna con la percezione che abbiamo del mondo, è il fare nello spazio mentale quello che con la narratizzazione facciamo nel tempo spazializzato.

- LA COSCIENZA E’ NECESSARIA?
No, la coscienza non è necessaria, e noi potremmo benissimo immaginare una razza di uomini esattamente come noi, con le nostre stesse capacità, ma privi di coscienza. ed è proprio su questo che verte il libro.

- LA MENTE DELL’ “ILIADE”
Nell’ “Iliade” non esiste la coscienza. Per lo meno non esisteva quando i fatti furono narrati per la prima volta. Le parole che designano concezioni mentali originariamente dovevano avere significati molto più concreti, non sono inoltre presenti concetti di volizione o di libero arbitrio. I personaggi dell’ “Iliade” non si fermano mai a pensare o valutare sul da farsi, ma le loro azioni sono tutte decise dagli dei, che svolgono la funzione che in noi è svolta dalla coscienza; gli dei erano palesazioni concrete di una parte della nostra mente che ci diceva cosa fare. Di fatto erano allucinazioni, personificazioni, e gli eroi erano guidati da queste, in sostanza, automi che non sapevano quel che facevano.

- LA MENTE BICAMERALE
Dunque la mente dell’uomo era divisa in due parti: una parte direttiva chiamata dio e una parte soggetta chiamata uomo, entrambe non coscienti. Il mondo per un uomo con tale mente doveva essere qualcosa che gli accadeva, e le sue azioni una parte inestricabile di quell’accadere, senza alcuna coscienza. Le sue azioni erano tutte decise dal “dio bicamerale”, ovvero l’allucinazione, uditiva o visiva che fosse, che, attingendo dall’esperienza accumulata nel corso della vita, diceva in modo incosciente all’uomo cosa fare, e questi inconsciamente obbediva. Queste allucinazioni dovevano essere del tutto simili a quelle cui sono affetti alcuni malati di schizofrenia: esse potevano assumere vari toni, quali la critica, il consiglio, l’ordine o lo scherno, e venivano riconosciute come voci di angeli, demoni o di qualche particolare persona o familiare, oppure venivano attribuite a oggetti come statue. Molto spesso criticavano o commentavano le intenzioni di un individuo prima ancora che esso fosse consapevole di tali intenzioni, oppure, tramite percezioni incoscienti dell’individuo stesso, formulavano frasi dal carattere profetico. Tutto ciò è stato studiato e provato su malati di schizofrenia affetti da allucinazioni uditive, molti dei quali, proprio come uomini privi di coscienza, seguivano solo le indicazioni delle voci, in assenza delle quali erano in stato catatonico e muto in attesa di esse per farsi guidare. Oltretutto è stato dimostrato che allucinazioni uditive sono innate nel nostro sistema nervoso, in quanto udite anche da schizofrenici affetti da grave forma di sordità. Meno frequenti erano invece le allucinazioni visive, che spesso si manifestavano sotto forma di luci o nebbie accompagnate da allucinazioni uditive. Le allucinazioni erano, e sono, causate da stress decisionale e hanno l’utilità di porre fine ad esso per evitare la venuta di ulcere. Mentre per l’uomo moderno la soglia di stress dev’essere vertiginosamente alta, per l’uomo bicamerale essa doveva essere vertiginosamente bassa. Era sufficiente una novità che spezzasse la quotidianità per causarne la venuta. Il perché si obbedisce a tali voci è dato dal fatto che l’obbedienza è proprio una proprietà dell’udito. Obbedire e udire hanno la stessa radice in molte lingue ed è probabile che in molte lingue antiche fossero la stessa parola. Quando qualcuno pronuncia un comando, per comprenderlo bisogna immedesimarsi in qualcuno che obbedisce a tale comando, e poi, se discordi, prendere le distanze. Ora, ammettendo che la voce che non sia possibile prendere le distanze dalla voce che sentiamo, non possiamo che obbedire. Ciò vale per gli schizofrenici moderni, mentre in passato non c’era distinzione fra obbedienza e volizione.

- IL DOPPIO CERVELLO
Il nostro cervello ha due emisferi, quello sinistro e quello destro. Nelle persone che non siano mancine l’emisfero dominante è quello sinistro. In esso vi si trovano anche tre aree del linguaggio, la più importante delle quali è l’area di Wernicke, che serve per la comprensione del linguaggio. Ora le altre aree dell’emisfero sinistro hanno un corrispondente complementare in quello destro, ma ciò non avviene anche per le aree di destra corrispondenti a quelle che a sinistra servono per il linguaggio. Esse sembrano totalmente inutili ed esporti chirurgici di queste causano deficit di irrilevante entità. In epoca antica esse dovevano avere una funzione talmente importante da precludere lo sviluppo dell’area ausiliare del linguaggio. E’ quindi probabile che esse servissero per il linguaggio degli dei. L’equivalente destro dell’area di Wernicke doveva servire alle formulazioni ammonitorie, che venivano poi inviate all’altro emisfero tramite un collegamento chiamato commistura anteriore mediante un codice che permettesse la compattazione di un’esperienza complessa. Questo codice non poteva che essere lo stesso linguaggio umano, in quanto la sua principale funzione è proprio quella di trasmettere concetti elaborati in modo esemplificato e veloce. Fu condotto anche un esperimento stimolando il lobo temporale destro. In gran parte dei casi i pazienti sentivano voci, seppur confuse e sbiadite, o addirittura vedevano cose dal carattere ammonitorio. In tutti i casi i pazienti percepivano queste voci come qualcosa di estraneo al proprio sè e subivano queste situazioni in modo del tutto passivo. Tramite altri esperimenti si è scoperto che i due emisferi sono totalmente indipendenti l’uno dall’altro, e che quindi, se il collegamento fra i due emisferi viene tagliato, è come se due persone diverse fossero nello stesso corpo. Inoltre l’emisfero destro svolge funzioni attribuibili agli dei bicamerali, ovvero è più impegnato in compiti sintetici e spaziali-costruttivi e da significato alle parti solo all’interno di un contesto più ampio guardando alla totalità, mentre l’emisfero sinistro è più analitico e verbale, e concentra la sua attenzione sulle parti. Il fatto che in poche migliaia di anni si sia passati agevolmente da un sistema bicamerale ad un sistema cosciente è provato dal fatto che il nostro cervello, nelle sue fasi di primo sviluppo, può adattarsi in modo sorprendente: un bambino che riceve lesioni nelle aree del linguaggio dell’emisfero sinistro non ha deficit in quanto queste parte lese possono svilupparti, in caso di necessità, nell’emisfero destro. Ciò è la prova che basta molto poco tempo al cervello per adattarsi all’ambiente.




L’ORIGINE DELLA CIVILTA’

- L’EVOLUZIONE DEI GRUPPI
La mente bicamerale è una forma di controllo sociale, che ha permesso all’umanità di passare da piccoli gruppi di cacciatori-raccoglitori alle grandi comunità agricole. I primati vivono in gruppi di individui abbastanza ristretti, e così anche le prime aggregazioni di appartenenti a genero Homo (le testimonianze archeologiche han rivelato che le dimensioni dei gruppi umani dovevano essere di una trentina di individui). Questi gruppi si basano sulla comunicazione fra gli individui, composta da segnali complessi comprendenti espressioni, suoni e gesticolazioni e, eccezion fatta per la significazione di potenziali pericoli, i segnali riguardano totalmente gli affari del gruppo, e non danno informazioni sull’ambiente esterno, come invece avviene per il linguaggio umano. Non c’è motivo per non pensare che l’uomo antico degli inizi del genere Homo, due milioni di anni fa, vivesse in modo diverso dai primati odierni. Il numero degli individui costituenti di un gruppo era limitato per mantenere alto il controllo all’interno del gruppo tramite una buona comunicabilità fra i vari membri. Gli dei bicamerali potrebbero aver fatto la loro comparsa per risolvere il problema della limitazione delle dimensioni del gruppo.

- L’EVOLUZIONE DEL LINGUAGGIO
La nascita del linguaggio: Il linguaggio verbale non è una componente intrinseca del genere Homo, a differenza di ciò che molti linguisti affermano. Non era necessario il linguaggio per trasmettere da una generazione all’altra abilità rudimentali come la costruzione di utensili in pietra scheggiata, che venivano trasmesse tramite l’imitazione; il linguaggio avrebbe avuto l’utilità che ha per noi ora quando dobbiamo spiegare a qualcuno come imparare ad andare in bici. Totalmente inutile. Il linguaggio è una grandissima svolta, che introduce mutamenti molto vistosi, e quindi la sua invenzione va ricercata in un epoca che attesti tali mutamenti: essa è il Pleistocene superiore, fra il 70.000 e l’8.000 a.C., periodo fra l’altro caratterizzato da grandi mutamenti climatici e migrazioni, durante le quali l’uomo uscì dal continente Africano e colonizzò il mondo.
I modificatori: la prima fase per l’invenzione del linguaggio fu la trasformazione delle grida da accidentali a intenzionali. Fu necessaria l’introduzione di segnali vocali nei periodi di glaciazione e nelle regioni nordiche, quando l’uomo viveva in grotte prevalentemente buie e anche all’aperto c’era scarsa luminosità, che rendeva scomodo il linguaggio dei segni. I primi elementi reali di linguaggio furono i suoni finali delle grida intenzionali, differenziati sulla base della loro intensità, per segnalare qualcosa e dare anche una qualità alla cosa segnalata tramite la desinenza del grido. Dunque le “desinenze”, meglio definite come “modificatori”, precedenti all’invenzione delle parole stesse, poterono essere separate dal grido che le aveva generate e applicate ad altre grida per dar loro la stessa qualità che avevano nel grido che l’aveva originate. Questo periodo dei modificatori durò fino al 40.000 a.C., quando troviamo nella documentazione archeologica di amigdale e punte ritoccate. E’ probabile che la fase successiva ci sia stata l’introduzione di comandi e istruzioni, e che i modificatori poterono passare a significare azioni stesse svolte dagli uomini. Ciò fece progredire la produzione di utensili di selce e d’osso, provocando l’esplosione di nuovi tipi di utensili dal 40.000 al 25.000 a.C.
I nomi: la fase successiva dovette essere l’attribuzione di nomi, sia alle categorie degli altri esseri viventi che a quelle delle cose. Questo periodo risale ad un’epoca compresa fra il 25.000 e il 15.000 a.C., periodo nel quale si iniziano ad avere testimonianze di raffigurazioni di animali e invenzioni di nuove cose, quali la ceramica, ornamenti e punte di frecce denticolate. Inoltre la documentazione fossile mostra come il lobo frontale del cervello, davanti al solco centrale, stava crescendo con una rapidità stupefacente: in quest’epoca si erano già sviluppate le aree cerebrali del linguaggio quali le conosciamo oggi.
Le allucinazioni uditive: le allucinazioni uditive si sarebbero create come effetto collaterale della comprensione del linguaggio, per mantenere la comprensione di concetti o l’esecuzione di ordini ormai elaborati che richiedevano la trascensione delle strutture aptiche (ovvero l’istinto) e che quindi, essendo estranei alla natura umana, non offrivano una subitanea conferma e non portavano subito ad un fine gratificante, necessitando di essere ripetuti di continuo per restare nella memoria. Un uomo senza coscienza, se riceveva ordini complessi su qualcosa da fare, non poteva narratizzare il da farsi e valutare le conseguenze delle proprie azioni tramite il proprio “io” analogo, quindi aveva anche difficoltà a ricordarsi il comando stesso. Tuttavia poteva disporre del linguaggio per ricordarsi del proprio compito, ovvero si sentiva ripetere da un’allucinazione verbale “interna” ciò che doveva fare. E’ probabile che fu in quest’epoca nella quale il linguaggio articolato iniziò a descrivere comportamenti che si protraevano nel tempo che il linguaggio iniziò a collocarsi esclusivamente nell’emisfero sinistro lasciando quello destro libero per le voci allucinatorie che servivano a mantenere un tale comportamento.
I nomi propri: un ulteriore passo in avanti per l’evoluzione del linguaggio fu l’invenzione dei nomi propri. Tramite essi nasce l’identità individuale, ed è possibile riferirsi ad un particolare individuo in sua assenza. I nomi rimanevano anche dopo la morte degli individui cui appartenevano, dando così inizio al culto dei morti, e ciò fa presupporre che l’invenzione del nome proprio sia avvenuta fra il 10.000 e l’8.000 a.C., epoca nella quale l’uomo raggiunge una maggiore sedentarietà con conseguente aumento della popolazione e necessità di distinguere fra loro i vari individui; inoltre è a questo periodo che risalgono le prime tombe. Un altro importante fenomeno introdotto dal nome proprio fu l’assegnare un nome alle voci allucinatorie, che ora non sono più anonime, rendendo quello allucinatorio un fenomeno sociale che ebbe un ruolo molto maggiore nel comportamento individuale. Come le allucinazioni venissero riconosciute e con chi venissero identificate non è ancora chiaro.
L’avvento dell’agricoltura: il grande passaggio da economia di caccia e raccolta a quella agricola fu dovuto alla necessità di di trovare nuove forme di cibo in seguito all’inaridimento del clima. Chi non migrò verso zone più lussureggianti dovette trovare sostentamento tramite l’addomesticamento di piante selvatiche. Anche qui il linguaggio ebbe la sua importanza tramite l’accrescimento della percezione e dell’attenzione tramite la metafora, che consentì di attribuire nuovi nomi a cose che hanno acquistato una nuova importanza.

- IL PRIMO DIO
Già intorno al 9.000 a.C., in seguito alla scoperta dell’agricoltura, compaiono le prime città complesse. Gli studi sulla cultura mesolitica del Natufiano hanno rivelato l’esistenza di città che potevano ospitare una popolazione di anche 200 individui, comprendenti case, fosse per la conservazione di cibi e tombe per cadaveri. Ora il problema è definire come il capo re potesse dominare su così tanti individui senza la possibilità di incontri diretti e ripetuti con ciascuno di essi. La risposta è ancora una volta l’allucinazione uditiva. Le allucinazioni uditive venivano generate da comandi impartiti da sè stessi o dal re, e quindi venne a configurarsi una situazione dove le voci allucinatorie venivano attribuite al re stesso, anche se tali voci dicevano qualcosa che il re non aveva mai realmente detto. Le allucinazioni erano dovute allo stress, e lo stress dovuto alla morte di una persona era sufficiente a farne sentire le voci. In queste città sono state trovate tombe dove i morti avevano una doppia sepoltura. La prima quando morivano e la seconda quando le loro voci smettevano di manifestarsi. Quando il re moriva veniva posto in una tomba maestosa. Una volta morto il re continuava a dare ordini al popolo, la sua tomba diventava la casa del re-dio, sopra la quale era posto un focolare, il cui fumo prodotto era fonte di allucinazione del re morto. Quando veniva eletto un successore, è probabile che la sua voce venisse a fondersi con quella del re morto, oppure che il successore stesso continuasse a sentire la voce del vecchio re morto, e che quindi si auto-designasse sacerdote o servitore del re defunto. Così la tomba del re divenne la casa del dio, al posto delle spoglie mortali venne piazzata una statua che veniva intesa come il dio stesso, cui venivano tributate offerte e onori, nonché una reverenza maggiore a quelle del re in carne e ossa in quanto la statua a differenza della persona reale era duratura e non si decomponeva. Gli idoli bicamerali erano il centro del controllo sociale, come la regina di una alveare, con l’unica differenza di allucinazioni uditive al posto dei feromoni.




DEI, TOMBE E IDOLI

- LE CASE DEGLI DEI
In tutte le prime forme di civiltà sviluppatesi nel mondo la struttura delle città era simile: le abitazioni stavano attorno mentre al centro era situato un grande edificio senza usi pratici e contenente qualche sorta di effige umana. Questa è la prova che, se quanto detto fin ora ha una certa attendibilità, tutte le culture antiche fossero bicamerali o derivate da essa.
Gerico e Ḉatal Hüyük: due siti fra le più antiche testimonianze di città, situati in Vicino Oriente. La città di Gerico, al livello di scavi corrispondenti al VII millennio a.C., presenta nel mezzo un edificio di grandi dimensioni, con portico forse a colonne, che introduceva a una stanza con nicchie. In esse erano contenute effigi umane in dimensione quasi naturale e i teschi dei re morti, dalla funzione allucinatoria. Questo edificio dunque non era più solo la tomba del re, ma la casa degli dei bicamerali. Il livello degli scavi di Ḉatal Hüyük corrispondente al livello di Gerico preso in considerazione dimostra una struttura della città molto simile, ma diversa. Ogni casa aveva circa quattro o cinque stanze raccolte attorno ad una stanza centrale, la stanza del dio. In queste stanze del dio sono state trovate numerose statue in pietra e in argilla.
Eridu e Ur: a Eridu, in Mesopotamia, le case del dio venivano costruite su piattaforme di mattoni in fango, antenati degli ziqqurat. L’idolo-dio era collocato all’estremo di una stanza centrale, mentre all’altro estremo era collocato un tavolo per le offerte. Questa disposizione fu alla base di tutta la civiltà sumera e babilonese. Ur invece fu una città in grado di ospitare molte migliaia di abitanti, in cui la casa del dio divenne un monumento di entità colossale, il primo ziqqurat. La funzione di un edificio così ampio e proteso in altezza, ovvero visibile da lunghe distanze, era quella di procurare allucinazioni a tutti gli abitanti delle città.
Variante ittita: gli Ittiti al centro della loro capitale Khattushash avevano quattro enormi templi con nicchie in calcare per ottenere un’illuminazione laterale per alcuni enormi idoli. Al posto di uno ziqqurat avevano il tempio montano di Yazilikaya, le cui mura erano ricoperte da rilievi di dei. Le montagne, come dimostrato dalla loro raffigurazione con la testa del dio sulla cima, avevano per gli antichi valore allucinatorio. Inoltre su una facciata del tempio montano era raffigurato di profilo il re, con un dio (dalla statura più alta) che lo abbracciava indicandogli la via con il braccio destro mentre quello sinistro passava attorno al collo del re e andava a stringergli la sua mano destra. Ciò è emblematico della mente bicamerale. Inoltre la parola ittita pankush, di dubbia traduzione e che scomparve intorno al 1300 a.C. , potrebbe essere intesa non come comunità umana o gruppo elitario, ma come l’insieme degli dei quando le loro voci allucinatorie erano concordanti. La sua inspiegabile scomparsa potrebbe essere data dal crollo della mente bicamerale stessa.
Olmechi e Maya: anche le civiltà mesoamericane costruivano piramidi molto simili a quelle mesopotamiche o egizie. La piramide del Sole a Teotihuacàn, costruita nel 200 a.C., ha un volume persino maggiore di quella egizia e la sua costruzione impiegò numerose ore di lavoro, come le grandi piramidi egizie, in quanto i mesoamericani non conoscevano neppure l’utilizzo della ruota. Inoltre su alcuni rilievi in pietra son state trovate raffigurazioni di uomini prostrati sull’erba, che ascoltano parole rivolte da dei. La stessa posa viene assunta dai profeti di quella zona per avere allucinazione uditive, non causate però dalla mente bicamerale ma dal consumo di peyotl, il cui uso è andato crescendo a partire dal venir meno della mente bicamerale.
Costruzione di piramidi: attraverso lo studio di malati schizofrenici si nota che essi molto spesso percepiscono meno la fatica, in quanto essa è un prodotto della coscienza, e malati catatonici possono assumere per ore posizioni estremamente scomode. E’ probabile quindi che in queste società bicamerali fosse possibile la costruzione di grandi edifici in poco tempo tramite questa capacità di eludere la fatica se necessario.
Impero inca: l’impero inca, sorto attorno al 1200 d.C., è molto controverso. Esso infatti presenta molte tracce di una civiltà bicamerale, ma anche alcuni aspetti di una civiltà proto-soggettivista. E’ probabile che abbia indebolito la propria bicameralità come nel caso dell’Assiria conquistando tutte le terre che erano loro possibili, venendo in tal modo ad un punto in cui il controllo sociale tramite la bicameralità era diventato poco produttivo. Comunque tracce di una mente bicamerale erano palesi da alcuni usi delle loro città: non esistevano porte ed era sufficiente mettere un bastone per sbieco nell’atrio per segnalare l’assenza del padrone di casa. Nessuno entrava. Ciò perchè non gli Inca cono erano in grado di narratizzare l’inganno, pensando che qualcuno potesse rubare in assenza di altri. Altro elemento emblematico fu il mondo col quale una manciata di Spagnoli conquistarono un impero di guerrieri che non opposero resistenza. Proviamo ad immedesimarci nella mente del re-dio degli Inca. Esso vide giungere dal mare (per gli Inca non navigabile) uomini vestiti in ferro, con capelli che spuntavano dal mento, portati da grandi strutture (le navi) alte come piramidi che cavalcavano esseri (i cavalli) simili a lama ma dagli zoccoli d’argento. E’ probabile che gli dei bicamerali non avessero spiegazione immediata a tutto ciò, non impartendo comandi al re e al popolo, che rimase così in stato quasi catatonico in attesa che le allucinazioni uditive spiegassero loro il da farsi.

- MORTI VIVENTI
Tutte le culture antiche seppellivano i propri morti come se essi fossero ancora vivi, ovvero un morto non era veramente morto finché l’allucinazione della sua voce continuava a farsi sentire dai vivi. Mentre le tombe dei personaggi comuni potevano essere abbastanza povere, quelle dei personaggi importanti erano estremamente ricche, con la presenza di armi, mobili, ornamenti e cibi. I re di Ur nel III millennio a.C. venivano inumati assieme a tutti i membri del proprio seguito, seppelliti vivi per servire il re anche nell’aldilà. Nel 500 d.C., in Guatemala, un capo fu sepolto in posizione seduta con due adolescenti, un bambino e un cane per farsi compagnia nell’aldilà. In Cina la dinastia Shang presenta tombe regali risalenti al 1200 a.C. con servitori e animali uccisi e posti assieme al re. Esistevano anche tombe povere, prive di oggetti e cibi, ma tali tombe erano spesso poste sotto la casa dove aveva vissuto il defunto stesso, ed esso poteva trarre sostentamento dalla casa e dalla famiglia stessa. Le civiltà bicamerali che conservano documenti scritti affermano che chi moriva “diventava un dio” e che chi “era diventato un dio” era morto. Nel testo bilingue di un incantesimo rinvenuto in Assiria i morti sono chiamati direttamente ilani, ovvero dei. I conquistadores affermano che secondo i popoli mesoamericani l’individuo muore solo molto tempo dopo la sua morte. Questo significa che i morti che continuavano a far sentire la propria voce erano in ciò simili agli dei e che la loro morte vera e propria avveniva quando le allucinazioni uditive legate alla loro persona smettevano di manifestarsi. Erano poi i defunti stessi a ordinare di porre offerte nella propria sepoltura. Questi comportamenti non possono che essere sintomi di una civlità bicamerale, l’unico modo per spiegare come in gran parte del mondo i defunti venissero riconosciuti come dei e darebbe giustificazione alla costruzione di grandi tombe come le priamidi egizie e alle vestigia contemporanee di tali comportamenti nel floklore e nelle storie di spiriti che tornano dalle loro tombe recando messaggi per i vivi.

- IDOLI CHE PARLANO
Un’altra usanza comune a tutte le civiltà antiche è la fabbricazione di effigi umane e la loro centralità per la vita nel mondo antico. Le più piccole fra queste effigi sono le figurine, che si attestano a partire dal VII millennio, non superavano mai i 20 centimetri di lunghezza e si potevano tenere comodamente in mano, inoltre venivano messe nella tomba del proprietario quando esso moriva. Queste figurine non possono riferirsi alla teoria di Frazer del culto della fertilità, altrimenti non si spiegherebbe la presenza delle figurine in civiltà come quella olmeca che abitava in terre estremamente fertili. E’ più logico che esse servissero a favorire le allucinazioni uditive, statuette con le quali dialogare, idoli. Un tipo particolare di questi idoli, chiamati “idoli-occhi” avevano gli occhi molto più grandi rispetto alla proporzione umana, in media dal 17 al 20 per cento maggiore. Nell’uomo il contatto occhio-con-occhio è un’interazione sociale di grande importanza. Quando la madre parla il bambino guarda i suoi occhi, non le sue labbra. Inoltre gli occhi fissi sono sintomo di autorità. Gli occhi di queste statue, molto grandi e spesso intarsiati da gemme preziose e luccicanti erano sicuramente sintomo di una civiltà bicamerale, e favorivano le allucinazioni uditive. I Maya chiamavano la costruzione di questi idoli “fare dei”. Diego de Landa, testimone oculare di queste cose, afferma che “credevano che gli idoli parlassero loro”. Inoltre testi cuneiformi affermano che le statue evocavano voci e visioni. Sempre testimonianze degli Spagnoli in Perù affermano che “nel tempio c’era un diavolo che era uso parlare agli Indiani in una stanza molto buia”, oppure che “era cosa molto comune e approvata nelle Indie che il diavolo parlasse e rispondesse in quei falsi santuari”.




TEOCRAZIE BICAMERALI IN POSSESSO DELLA SCRITTURA

- MESOPOTAMIA: GLI DEI COME PADRONI
Nell’intera Mesopotamia tutte le terre erano di proprietà degli dei e gli uomini erano loro schiavi. Ogni città-stato aveva il suo dio principale e il re veniva descritto come il “fittavolo del dio”. Tutto ciò è attestato dai documenti cuneiformi pervenutici. Il dio era una statua in legno a grandezza naturale, leggera, per essere agilmente trasportata durante le processioni. Il re doveva servire la statua non solo amministrando le sue terre, ma anche in modi più personali, lavandola, profumandola, porgendole cibo, facendole avere incontri intimi con altre statue come attestano i documenti pervenutici. In tutti i testi è la parola degli dei a decidere su ciò che va fatto, e le persone non leggevano, ma “udivano”. Un documento che si riferisce alla lettura di una stele di notte dice: “La superficie levigata del suo lato il suo udire rende noto; la sua scrittura che è incisa il suo udire rende noto; la luce della torcia aiuta il suo udire”. Leggere significava “udire” i simboli, probabilmente perché durante la lettura si avevano allucinazioni delle parole pronunciate e non si leggeva visivamente come facciamo noi ora. Inoltre si attesta che la capacità di udire le scritture fosse data dal dio all’uomo. La creazione delle statue degli dei aveva un rituale complesso e prima di essere collocata nel tempio veniva sottoposta ai rituali mis-pi e pit-pi, ovvero del lavaggio e dell’apertura della bocca. La statua del dio veniva portata in riva a un fiume dove la sua bocca veniva sciacquata con acqua sacra, poi veniva condotta al tempio dove la sua bocca venia lavata nuovamente. Tutti questi rituali sono in sintonia con la tesi delle voci allucinatorie. I normali cittadini non udivano direttamente la voce dei grandi dei padroni, ma ciascuno aveva un proprio dio personale di cui udiva la voce e a cui obbediva, ed erano questi dei personali a fare da intermediari fra gli dei padroni e gli uomini. Ogni casa aveva al suo interno una stanza-cappella che conteneva gli dei personali degli abitanti della casa, e tardi testi cuneiformi descrivono anche per questi idoli cerimonie di lavaggio della bocca, e affermano che gli uomini vivevano nell’ombra del proprio ili, ovvero del proprio dio personale. Molto spesso il nome delle persone includeva quello del proprio dio personale, altre volte includeva il nome del re come dio personale: Rim-Sin-Ili, ossia “Rim-Sin è il mio dio” (Rim-Sin era un re di Larsa) o, più semplicemente, Sharru-Ili. “il re è il mio dio”, che implica che alcuni individui potessero attribuire le proprie allucinazioni uditive al re stesso. La distinzione fra re-amministratore e re-dio non era molto netta, infatti su vari documenti il nome di alcuni re era affiancato al determinativo che significava divinità, ma ciò avveniva solo in alcune città e solo dopo molti anni di regno di tale sovrano, il che potrebbe indicare che re particolarmente potenti potevano provocare nel popolo allucinazioni uditive della propria voce. Comunque fosse in Mesopotamia continuava a sussistere una distinzione significativa e costante fra tali re divini e gli de veri e propri.

- EGITTO: I RE COME DEI
Nella civiltà egizia ogni re alla morte diventa Osiride, proprio come ogni re in vita è Horus. Se ammettiamo che queste figure fossero allucinazioni uditive è probabile che Osiride fosse la voce del re defunto ancora udibile al suo successore, e che i miti su varie contese e rapporti con altri dei fossero modi per razionalizzare voci ammonitorie autoritarie in conflitto fra loro, commiste con la struttura autoritaria della società effettiva. Osiride non era un “dio che muore” o un “dio morto” o “la vita caduta in possesso della morte”. Osiride era la voce di un re defunto che poteva ancora avere autorità. Alla morte i re non venivano deposti in una tomba ma in un palazzo, che si evolse dalle mastabe alle piramidi, grandemente decorato e spesso attorniato dalle tombe dei servitori. Le statue del faraone erano a grandezza naturale, come le statue degli dei della Mesopotamia, ma in materiali più duri e pesanti perché non dovevano essere trasportate in processioni. Poteva succedere che le voci allucinatorie provenienti dai re-dio morti venissero messe per iscritto, come nel caso delle “Istruzioni date dal re Amenemhet I in un sogno-rivelazione a suo figlio”. Inoltre un epiteto attribuito alle persone morte era “vero di voce”, espressione che non trova altra spiegazione al di fuori della tesi delle allucinazioni uditive. Esisteva anche l’usanza di scrivere lettere ai morti ma probabilmente ciò accadeva solo quando il defunto smetteva di farsi sentire. Sono stati trovate alcune di queste lettere, documenti privati liberi da dottrine ufficiali o da finzioni: in una lettera un uomo chiede alla madre defunta di fare da arbitro fra lui e il fratello defunto. Ciò non avrebbe senso se l’uomo non udisse ancora la voce del fratello morto. Ciò che per i popoli della Mesopotamia era l’ili, per gli Egizi era il ka. Il ka era la voce-guida di ogni uomo, e il rapporto con il proprio ka era totalmente passivo: udirlo e obbedire ai suoi comando era un tutt’uno. Il ka del re dio veniva udito come la voce del proprio padre, mentre quello dei cortigiani era udito come la voce del re. In una raffigurazione della nascita del re si vede il dio Khnum che forma sulla ruota da vasaio il re e il suo ka come due entità gemelle, con l’unica differenza che il ka si porta la mano sinistra alla bocca, indicando il suo ruolo di voce-guida. Un altro concetto connesso al ka era il ba, concetto simile al nostro fantasma, ossia una manifestazione sul piano visivo di ciò che il ka era sul piano uditivo. Dopo la caduta del Regno Antico il ba assunse molte funzioni che prima erano prerogativa del ka, e alla sua rappresentazione, un uccello umanoide, venne affiancata una lampada, per indicare la via e alludere al suo ruolo guida. Il ba fu anche fonte di allucinazioni uditive, come rivela il Papiro Berlino 3024 risalente, dove si parla della “Disputa di un uomo col suo Ba”: nel suo valore letterale è molto simile al dialogo fra uno schizofrenico di oggi alle prese con le sue allucinazioni.

- I MUTAMENTI TEMPORALI NELLE TEOCRAZIE
Le teocrazie bicamerali non erano entità statiche, ma soggette a mutamenti nel corso del tempo. Infatti, come già accennato, man mano che la società cresceva e la popolazione aumentava era necessaria una sempre maggiore complessità di voci, intermediari e contesti. C’erano dei per qualsiasi bisogno e occasione. E’ probabile che la crescente complessità in teocrazie molto rigide sfociasse nel crollo di ogni forma di autorità, come avveniva periodicamente per la civiltà maya o come avvenne per l’Egitto nell’ultimo secolo del III millennio a.C., con l’inspiegabile crollo del Regno Antico. Le cause di tale crollo sono attribuibili ad una debolezza interna, e un crollo così repentino e assoluto di ogni autorità può essere spiegato solo ipotizzando una forma mentale molto diversa dalla nostra, che spiegherebbe anche perché i governanti dei vari distretti in tale crisi non cercarono di ottenere l’indipendenza come successe spesso in epoca cosciente. Tali crisi invece sono molto più ristrette in Mesopotamia, e ciò può esser dipeso dal diverso uso fatto della scrittura. In Mesopotamia la scrittura iniziò già verso il 2100 a.C. ad essere usata per registrare i giudizi degli dei, rafforzandone l’autorità in periodi di crisi: è così che ha inizio l’idea di legge. Il famoso Codice di Hammurabi è la più famosa testimonianza di leggi scritte, e chi subiva un torto si recava alla statua del re-amministratore per “udire le sue parole”, come è scritto nell’epilogo della stele. Essa è strutturata. Ciò che è particolare è che sulla sommità c’è incisa la figura del re che parla col dio Marduk guardandolo negli occhi, non c’è ancora l’atteggiamento supplice che verrà solo pochi secoli dopo. Il corpo del codice sembra scritto da una persona diversa da quella che ha scritto il prologo e l’epilogo, benché sia stato il re stesso a scrivere entrambe (infatti fu il primo re ad imparare a leggere e scrivere). Ciò è perché è probabile che prologo ed epilogo siano stati scritti dall’emisfero sinistro, mentre il corpo delle leggi dall’emisfero destro, entrambi non coscienti. Queste leggi non sono da intendersi nel senso moderno, ma semplicemente l’insieme messo per iscritto delle usanze di Babilonia, la parola di Marduk, che per essere eseguita non necessitava di nessun potere esecutivo ma solo di essere lette o “udite”.




CAUSE DELLA COSCIENZA

- L’ INSTABILITA’ DEI REGNI BICAMERALI
Fragile equilibrio: nelle epoche bicamerali il controllo sociale era esercitato dalla mente bicamerale, non dal timore o dalla repressione e neppure dalla legge. Non esistevano sentimenti privati in quanto non c’era alcuno “spazio” interno per coltivare la privacy né alcun analogo “io”. Il funzionamento delle teocrazie si fondava su una gerarchia autoritaria, che tuttavia divenne col tempo sempre più intermediata e quindi fragile, e il cui sempre più facile scombussolamento doveva avere conseguenze pesantissime per la civiltà stessa. Di conseguenza i regni bicamerali erano più soggetti a crollare rispetto alle nazioni coscienti.
La scrittura: inoltre la scrittura, se da una parte poteva aiutare un regno a rimanere stabile come nel caso di Hammurabi, dall’altra contribuì ad erodere gradualmente l’autorità delle allucinazioni uditive. Infatti la scrittura ebbe un ruolo talmente ampio e crescente da arrivare a soppiantare le allucinazioni uditive rendendo opinabili i loro comandi dall’obbedienza non più immediata.
Il commercio e gli Assiri: anche i commercio contribuì a togliere autorità agli dei bicamerali. Esso ha origine nella spartizione del cibo all’interno della famiglia e successivamente nello scambio e nel dono all’interno della città. L’estensione di questo processo ad un altro regno da origine al commercio. Gli Assiri, al loro primo sorgere furono caratterizzati da un’intensa attività mercantile, con centri di scambio lontani fino a 1100 chilometri, nell’Anatolia. Gli scambi avvenivano sulla base di equivalenze stabilite per decreto divino. E’ probabile che i mercanti, a più di mille chilometri di distanza dalla fonte delle loro allucinazioni e in contatto quotidiano con culture con pantheon di voci e lingue diversi abbiano sviluppato una prima forma di coscienza proto-soggettivista, portando ad Assur, la loro città natale, una bicameralità indebolita che spiegherebbe l’improvviso e inspiegabile crollo della civiltà assira nel 1700 a.C., che diede inizio ad un’epoca buia dalla quale l’Assiria uscì solo due secoli dopo con cambiamenti radicali nella struttura della società, quali una miltarizzazione estrema che gli permise di creare un grande impero.

- ERUZIONE, MIGRAZIONE, CONQUISTA
Il crollo della mente bicamerale fu accelerato dalle catastrofi geologiche di quel periodo, l’eruzione del vulcano sull’isola di Tera, l’inabissarsi di buona parte delle terre dei popoli dell’Egeo che finirono bruscamente 300 metri sott’acqua e il conseguente tsunami altro 200 metri e dalla velocità di oltre 550 chilometri all’ora che distrusse ogni forma di civiltà che si trovava a meno di tre chilometri dalla costa. L’eruzione sollevò una nube nera che oscurò il cielo per giorni e giorni portando vapori tossici e causando mutamenti nell’atmosfera, si stima che le onde d’urto nell’aria furono 350 volte più potenti di quelle generate da una bomba all’idrogeno. Tutto ciò provocò grandi migrazioni di popoli che causarono la fine degli imperi ittita e miceneo, solo l’Egitto riuscì a conservare indenne benché l’esodo degli Ebrei possa ricollegarsi a questo cataclisma, in quanto l’apertura del Mar Rosso è rapportabile a variazioni di marea connesse con l’esplosione di Tera.
Interi popoli divennero masse di profughi, si mescolarono, portarono scompiglio in ad altri popoli scampati al cataclisma. In questa babele l’esperienza ammonitoria accumulata e raffinata nel pacifico ordinamento autoritario di un regno bicamerale non poteva essergli di alcun aiuto. Era necessario sviluppare un altro sistema mentale.

- L’ ASCESA DELL’ ASSIRIA
L’Assiria, per la sua posizione interna, fu l’unica potenza a non essere toccata direttamente dal cataclisma, e tramite il suo nuovo ordinamento politico fortemente militarizzato approfittare della situazione circostante per avanzare con gli eserciti in quelle zone estendendo i propri confini alla Frigia, all’Armenia e alla Siria. E’ chiaro che l’Assiria non possa aver conseguito tutti questi risultati su una base rigorosamente bicamerale. Il re più potente dell’impero medio-assiro fu Tiglatpileser I (1115-1077 a.C.), il cui nome non era più associato a quello del dio Assur come per i suoi predecessori. Gli studiosi hanno designato la sua politica come “politica del terrore”, in quanto era solito massacrare gli abitanti inermi dei villaggi conquistati e infilzare i loro corpi su pali, come si vede in molti bassorilievi. Le sue leggi prescrivevano le più spietate pene mai sentite prima di allora per le minime trasgressioni, in netto contrasto con gli ammonimenti più equi dettati dal dio al bicamerale Hammurabi sei secoli prima. Il ricorso alla violenza e alla durezza per il governo di un paese, che compare per la prima volta in questa circostanza, indica che si era arrivati per la prima volta alla soglia della coscienza soggettiva. Il caos e le migrazioni tuttavia continuarono colpendo anche l’Assiria, e facendone crollare l’impero, ma pare che questa volta la ricostruzione del governo e dell’autorità poté essere attuata in modo molto più veloce, se già un secolo dopo gli Assiri erano tornati al vecchio splendore riuscendo a soggiogare persino l’Egitto fino al sacro dio-sole stesso, come due millenni e mezzo dopo avrebbe fatto Pizarro prendendo prigioniero il divino Inca. L’uomo era diventato cosciente di sé e del suo mondo.

- COME EBBE INIZIO LA COSCIENZA
Quando avvenne il cataclisma l’uomo non poté tornare a vivere in modo primitivo come aveva fatto altre volte, cosa che invece succedeva spesso per i Maya. La civiltà si era espansa troppo e il linguaggio aveva assimilato troppi termini riguardanti l’ambiente civilizzato. La vita civile continuò ad esistere anche dopo il crollo delle teocrazie, escogitando nuovi modi di controllo sociale.
L’osservazione di differenze e l’origine dello spazio analogale della coscienza: in una stessa società bicamerale le persone appartenevano ad uno stesso dio, parlavano una stessa lingua, avevano opinioni simili e agivano in modo simile. Ma quando il cataclisma causò la commistione di popli profondamente diversi fra loro e il venir meno degli dei è probabile che gli uomini abbiano iniziato a notare la differenza dell’altro, supponendo inconsciamente che qualcosa al loro interno fosse diverso. Un individuo, dunque, prima di collocare in sé stesso un sé interiore, potrebbe aver collocato un sé interiore negli stranieri e poi, per generalizzazione, essere giunto al proprio.
L’origine della narratizzazione nell’epica: ancora attorno alla metà del III millennio a.C. vennero scritti i primi poemi epici, per la stesura dei quali era necessario saper narratizzare, ovvero codificare le relazioni di eventi passati, ma in una società bicamerale è probabile che sia stato l’emisfero destro ad imparare questa tecnica utilizzando buona parte della regione temporo-parietale, dimostrando come anche gli dei potessero apprendere nuove tecniche per rielaborare l’esperienza nelle ammonizioni. E’ probabile che al venir meno degli dei l’emisfero sinistro del nostro cervello abbia appreso la narratizzazione dall’emisfero destro, potendo narratizzare i fatti passati e dando maggiori possibilità di sopravvivenza.
L’origine dell’analogo “io” nell’inganno: ci son due tipi di inganno: quello a breve termine, che consiste in un’azione strumentale subito seguita da una situazione remunerativa, e quello a lungo termine, che richiede l’invenzione di un sé analogale in grado di “fare” o “essere” qualcosa di completamente diverso da ciò che la persona, così com’è vista dagli altri, fa o è. Mentre il primo tipo di inganno è un’azione eseguita anche dagli scimpanzé, il secondo tipo è tipico dell’uomo cosciente. Una simile capacità dovette essere estremamente utile per la sopravvivenza nel periodo seguito ai disordini geologici e alla commistione delle culture, infatti solo chi aveva sviluppato la capacità di mascherare il proprio odio nei confronti degli invasori fingendosi benevolo poteva sperare di non essere ucciso da questi.
La selezione naturale: è anche possibile che allo sviluppo della coscienza possa aver influito la selezione naturale, benché la coscienza non sia una necessità biologica ma un ritrovato culturale appreso sulla base del linguaggio. Una percentuale molto alta della popolazione umana morì durante il cataclisma, e fra quelli che restarono solo chi sapeva resistere ai comandi ostili dei propri dei poteva sopravvivere, mentre chi aveva conservato una bicameralità ancora forte deve essere stato ucciso dagli altri per questioni di sopravvivenza. Il che favorì nelle generazioni seguenti il protrarsi di una bicameralità sempre in diminuzione. Non è nemmeno detto però che già prima di questo periodo non ci fossero già uomini che avessero sviluppato una qualche forma di coscienza, come i mercanti assiri. Costoro però, essendo una minaccia per l’ordinamento autoritario delle teocrazie, non devono aver avuto vita facile.




UNA NUOVA MENTE IN MESOPOTAMIA

- TESTIMONIANZE DEL CROLLO
La scomparsa degli dei: la prima raffigurazione che non rientra negli schemi bicamerali è un rilievo scolpito su un altare in pietra risalente al 1230 a.C., sotto il regno dell’assiro Tukuli-Ninutra I. Il re è raffigurato due volte, una mentre si avvicina al trono del dio e la seconda mentre si prostra davanti ad esso. Il trono del dio è vuoto. E’ la prima volta nella storia che un re si pone in atteggiamenti umili davanti al dio e che il dio stesso non viene raffigurato. Nel poema noto come “Epos di Tukulti-Ninutra” si fa menzione all’adirarsi degli dei Babilonesi per la negligenza del re di Babilonia e abbandonano la città lasciandola senza una guida divina. Il crollo della mente bicamerale comportò l’inibizione di talune aree del lobo temporale dell’emisfero destro, e un testo di quel periodo dice “chi non ha un dio, quando cammina per la strada, il mal di capo lo avvolge come un mantello”. Gli uomini iniziano per la prima volta nella storia a porsi domande quali “perché gli dei ci hanno lasciato?” o “perché ci hanno mandato tante sventure?” e inizia a fare invocazioni di aiuto e clemenza da parte loro. Tali preoccupazioni prima di allora non erano mai esistite e non se ne conserva nessuna traccia. La scomparsa dell’autorità divina e dei comandi bicamerali causò la messa in discussione dell’autorità stessa accrescendo il rischio di ribellioni intese in senso moderno, rendendo insicuri i re stessi e spingendoli per la prima volta ad usare metodi crudeli e oppressivi per il controllo sociale. Tukuti-Ninutra stesso fu vittima di tali ribellioni: per aver creato una nuova capitale del suo regno e non averla chiamata col proprio nome anziché con quello del dio, venne chiuso nella sua nuova città e bruciato vivo insieme a essa dai nobili più conservatori della città, capeggiati da suo figlio stesso. Insubordinazioni non erano sconosciute alle teocrazie bicamerali, ma questo fu il primo caso di insubordinazione premeditata.
La preghiera: nella la mente bicamerale prima del suo indebolimento a opera della scrittura attorno al 2500 a.C. non c’erano incertezze nei comandi degli dei, quindi nessun occasione di preghiera. Le prime richieste e domande agli dei avvengono verso la fine del III millennio a.C., ma sotto forma di imprecazioni stilizzate, come “chiunque deturpi questa statua possa Enlil distruggere il suo nome e spezzare la sua arma”. La preghiera in senso moderno come atto centrale del culto divino acquistano prominenza solo quando gli dei cessano di parlare all’uomo “faccia a faccia” (come si dice in “Deuteronomio”, 34, 10). Nel Cilindro A si trovano le prime preghiere in tale senso, scritte da Gudea alla madre divina per chiederle il significato di un sogno. La preghiera tipica iniziava con un’invocazione e un elogio al dio seguita da una richiesta. Tale struttura è rimasta invariata ancora oggi ed esalta l’idea di adorazione divina, in netto contrasto con con il rapporto più concreto e quotidiano fra uomo e dio di un migliaio di anni prima.
Un’origine degli angeli: in epoca bicamerale le raffigurazioni, specialmente su sigilli cilindrici, recavano incisi scene probabilmente di dei minori, spesso di sesso femminile, che presentavano il proprietario del sigillo a un dio più importante. Alla fine del II millennio a.C. questa scena muta, e non si raffigura più un dio minore ma una figure alate ibride fra uomo e uccello che presenta un individuo al simbolo del dio. Questi ibridi sono angeli o genii. All’inizio del I millennio a.C. scompaiono anche queste scene e gli angeli vengono raffigurati sui rilievi in compagnie di altri esseri umani o impegnati in lotte con demoni. In nessuna scena gli angeli sembrano parlare e gli uomini ascoltare. Nasce la mitologia.
I demoni: l’uomo usa la parola per salutare gli altri, e se non riceve risposta si prepara a fronteggiare l’ostilità altrui. Se gli dei mantenevano il silenzio significava che erano adirati. Questa logica è all’origine dell’idea del male, che prima non esisteva. Ogni fenomeno naturale o ogni sofferenza o malattia inizia ad essere attribuita a particolari demoni dai quali gli uomini iniziano a cercare protezione, trasformando la medicina in esorcismo e ricorrendo sempre più agli auspici. Nasce la scaramanzia e si diffondono per la prima volta amuleti di carattere apotropaico. La raccolta di tavolette d’argilla di Assurnasirpal rinvenuta a Ninive e datata attorno al 630 a.C. mostra di che portata fosse il fenomeno.
Un nuovo cielo: in epoca bicamerale gli dei, a eccezione di Anu che stava in cielo, vivevano per la maggior parte sulla terra assieme agli uomini, ma dopo la loro scomparsa gli uomini individuarono la loro nuova dimora in cielo con Anu. Questo spiega il perché delle ali degli angeli. In questo periodo muta anche la struttura del tempio, prima una ziqqurat con al sommo la casa del dio ed ora piattaforme sempre più sviluppate in altezza con una scalinata circolare per arrivare sino in cima. Anche la biblica Torre di Babele fu una costruzione di tale tipo, costruita nei secoli VII e VI a.C. e alta 90 metri dedicata a Marduk. L’uso di queste nuove costruzioni era indicato dal loro stesso nome, E-temen-an-ki: tempio (E) della piattaforma ricevente (temen) fra il cielo (an) e la terra (ki). Nel V secolo a.C. Erodoto scalò l’Etemenanki e vi trovo alla sommità solo un trono vuoto, forse per accogliere il dio quando sarebbe tornato sulla terra.

- LA DIVINAZIONE
Ora che gli dei non facevano più udire la loro voce gli uomini erano in difficoltà a scegliere cosa fare nelle nuove situazioni. Per risolvere questo problema prima dell’affermarsi della coscienza soggettiva comparve la tecnica divinatoria, ovvero un sistema complesso di pratiche per indovinare quale sarebbe stata la parola degli dei.
I presagi e la loro interpretazione: consiste nella registrazione di sequenze di eventi insoliti o importanti. Si basa su un sistema comune al sistema nervoso di tutti i i mammiferi, ovvero quando un organismo sperimenta A e poi B avrà la tendenza ad attendersi ancora B la prossima volta che si presenterà A. Documenti con cose simili erano rari durante l’epoca bicamerale, mentre dopo il suo crollo proliferano ovunque. Queste connessioni di eventi (che molto spesso sfuggono per noi a qualsiasi logica) erano un approssimarsi alla narratizzazione. Anche le stelle vennero usate per cercar presagi, ed è proprio in questa epoca nasce l’astrologia, poiché molti eventi erano messi in connessione con la posizione degli astri, come guerre, calamità o personalità. Un’altra fonte di divinazione furono i sogni.
Le sorti: la claromanzia o lancio delle sorti serve a sollecitare le risposte degli dei a domande specifiche in situazioni nuove. Consiste nel gettare a terra sassi, bastoncini o altre cose per cercare risposte come un sì, un no, o la scelta di una cosa fra molte. Questo sistema ha il suo diretto discendente nel gioco d’azzardo, ma alla sua origine fu importantissimo, in quanto non esistendo il caso il risultato doveva essere causato dagli dei di cui si stavano divinando le intenzioni. Tutto ciò era utile a sostituire la funzione organizzativa dell’emisfero destro e si basava sulla metafora, come la coscienza stessa, e ne implica lo stesso processo generativo, ma in un modo esopsichico non soggettivo. Tale pratica divinatoria venne introdotta verso la metà del II millennio a.C. ma si diffuse solo verso la fine dello stesso millennio. L’adozione di questo metodo non aveva solo fini pratici ma era anche ispirata dal desiderio di conoscere quali fossero i comandi di un dio.
 
Top
"Liutprando"
view post Posted on 26/8/2010, 16:10




... E' come se qualcuno me l'avesse spiegato 4 anni or sono o l'avessi già letto o qualcuno mi avesse passato migliaia di riassunti o vi avessi fatto una tesina per la maturità... mah, magari è solo un deja vu...
 
Top
Karma Negativo
view post Posted on 26/8/2010, 16:25




CITAZIONE ("Liutprando" @ 26/8/2010, 17:10)
... E' come se qualcuno me l'avesse spiegato 4 anni or sono o l'avessi già letto o qualcuno mi avesse passato migliaia di riassunti o vi avessi fatto una tesina per la maturità... mah, magari è solo un deja vu...

Si leggilo. E' interessante.


CITAZIONE (oea @ 18/10/2008, 11:45)
CITAZIONE (Karma Negativo @ 17/10/2008, 12:59)
- LA COSCIENZA E’ NECESSARIA?
No, la coscienza non è necessaria, e noi potremmo benissimo immaginare una razza di uomini esattamente come noi, con le nostre stesse capacità, ma privi di coscienza. ed è proprio su questo che verte il libro.

Karma, ricordi discussioni in altri siti, dove notavi la somiglianza fra il libro di Jaynes e altre opere più recenti sulla coscienza (Edelman, Damasio, Tomasello). Io rispondevo che ci sono differenze importanti.
Eccone una, la più grossa: secondo neuroscienze ed evoluzionismo (sui quali i tre autori si basano), la coscienza invece è necessaria, nel senso che qualifica come tale la specie umana, così che non vi può essere alcuna "razza di uomini esattamente come noi ma privi di coscienza".
O meglio, tale razza di uomini avrebbe al massimo la vita sociale ed intellettuale dei macachi, dei cercopitechi o dei babuini, neppure quella delle scimmie antropomorfe più evoluzionisticamente vicine a noi (bonobo, scimpanzé e gorilla). In particolare, la "razza di uomini senza coscienza" che con Jaynes immagini non avrebbe linguaggio, che necessariamente co-evolve con la coscienza.
Certo, Darwin potrebbe aver avuto radicalmente torto (ma oggi ciò sembra improbabile: al massimo,ha avuto torto in qualche dettaglio come è normale nella scienza). Se però Darwin ha avuto ragione nella forma generale della sua teoria dell'evoluzione, allora di certo non si può immaginare che compaia in futuro, o mai sia comparsa sulla Terra, una specie umana priva di linguaggio e coscienza. Nemmeno in tempi pre-omerici, nemmeno in tempi preistorici. Sarebbe un'altra specie, priva anche di vita sociale e presumibilmente anche di emozioni, e proveniente da un percorso evoluzionistico diverso da quello che ha portato, attraverso le estinte Australopitecine, dalle scimmie antropomorfe ad Homo Sapiens.

CITAZIONE (oea @ 18/10/2008, 17:59)
La definizione di ogni specie vivente, inclusa la specie "uomo", è compito della biologia, e in particolare della biologia evoluzionista. Jaynes, come molti psicologi di 40 anni fa e non pochi ancor oggi, semplicemente ignorava l'importanza dell'evoluzionismo in psicologia. Jaynes è stato un pensatore acuto, a tratti affascinante e un coraggioso esploratore del tema della coscienza, in anni nei quali nessuno ne parlava ed anzi per gli scienziati era un vero tabù occuparsene. Ma non troverai neppure un accenno alle Australopitecine, ad Homo erectus, a Homo Abilis, a Homo Neanderthalensis e a tutte le diverse specie di Homo che hanno preceduto o accompagnato la comparsa di Sapiens sapiens. Invece, sapere qualcosa di queste specie diverse di Homo aiuta a mettere in prospettiva il problema dell'origine della coscienza tipica di Homo Sapiens sapiens (noi).

Ci può essere coscienza, in forma embrionale, senza linguaggio (si chiama coscienza primaria o nucleare): gli scimpanzé ad esempio mostrano di averne una così sviluppata da rasentare la coscienza estesa, secondo una serie di esperimenti di un certo Gallup, troppo lunghi da riassumere qui. Ma la coscienza estesa, capace di contemplare deliberatamente passato e futuro, è tipica di Homo Sapiens sapiens (solo noi possiamo invitarci a ricordare quel che è accaduto anni fa, o immaginare quel che accadrà domani). Non si può dire però che la coscienza estesa (cioé tipicamente umana) dipenda dal linguaggio, o viceversa: per questo motivo ci si limita ad affermare che coscienza estesa e linguaggio co-evolvono (è un termine tecnico che ne indica la stretta e necessaria interdipendenza nel corso dell'evoluzione).

Coscienza estesa e linguaggio hanno avuto quasi certamente origine con Homo Sapiens sapiens, dunque 30.000 anni fa, giorno più giorno meno. Ma sono state preparate da almeno un milione di anni prima, quando la comunicazione fra antropomorfe della stessa specie era prevalentemente fatta da segnali coglibili attraverso la vista, e solo secondariamente da suoni (come ancor oggi è nello scimpanzé). Per la comparsa del linguaggio scritto, invece, bisogna attendere. i primi documenti scritti suggeriscono che sia avvenuta 5.000 anni fa.
Qui trovi dati più estesi sull'evoluzione di Homo Sapiens:

http://it.wikipedia.org/wiki/Preistoria

 
Top
Virginicchia
view post Posted on 27/8/2010, 10:54




ma hai letto solo questo libro in tutta la tua vita?
 
Top
Karma Negativo
view post Posted on 27/8/2010, 11:16




SPOILER (click to view)
CITAZIONE (Virginicchia @ 27/8/2010, 11:54)
ma hai letto solo questo libro in tutta la tua vita?

No, ne ho letti anche altri, ma di quelli altri non ne ho fatto recensioni così corpose.
Tu invece? So che leggi molto. Se ti capita tra le mani qualche libro interessante faccelo sapere mettendo una piccola recensione o anche dando solo qualche dato e trascrivendo quello che di solito i libri riportanno scritto sul retro.
;)
 
Top
Virginicchia
view post Posted on 27/8/2010, 11:19




SPOILER (click to view)
Se ti capita tra le mani qualche libro interessante faccelo sapere
Sarà fatto... appena troverò qualcosa di interessante, che valga la pena inserire qui U_U
 
Top
Corillo!!!
view post Posted on 29/8/2010, 12:33




Stupeno, geniale! Karma grazie mille per la segnalazione xD
 
Top
view post Posted on 30/4/2018, 10:40
Avatar

Advanced Member
A_STARA_STARA_STARA_STARA_STAR

Group:
Member
Posts:
1,100

Status:


Se vi può interessare ho fatto un video su coscienza, intelligenza e creatività, dove spiego il mio punto di vista:
 
Top
Carlo Pierini
view post Posted on 23/8/2020, 02:02




Lo lessi una trentina di anni fa: un frullato di verità storiche e di stupidaggini "neurobiologiche" raffazzonate insieme senza criterio, anzi col solo criterio dell'identità mente-cervello e la conseguente gretta e puerile conclusione che gli dei non sarebbero altro che allucinazioni uditive prodotte da uno dei due emisferi cerebrali.
Unico pregio: un discreto stile di scrittura.
 
Top
8 replies since 26/8/2010, 15:49   524 views
  Share